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Alessia, la passera pianuzza e tanti eventi

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Buongiorno amici.
Scusate l’assenza, ma sono state due settimane fuori dal comune. Impegni lavorativi e bloggheschi (per Alessia anche l’inizio della collaborazione con la rivista SemprePesce) e qualche problema di salute ci hanno tenute ben occupate, e non siamo riuscite a postare niente di tutte le cose che in realtà abbiamo effettivamente fatto!
Parliamo innanzitutto dell’attività di Alessia con la rivista. Dopo l’articolo sulle cene con il vignaiolo tenutesi nei giorni di San Martino (di cui abbiamo fatto un post anche qui sul blog), sono state pubblicate su SemprePesce un’intervista ad Alessia, (in cui parla un po’ di sé, del blog e del suo rapporto con il pesce) e la sua prima ricetta, una Vellutata di passera pianuzza al kaffir lime (di cui vi mostriamo la foto; per la ricetta seguite il link).
Non vi dico la crociata svolta da Alessia per tentare di spellare questo pesce! Essendo la cugina mediterranea della platessa (molto meno costosa, intorno ai 5€ al chilo), e molto simile sia ad essa che alla sogliola perché dal corpo piatto e rotondeggiante, abbiamo pensato (e così era scritto in tutte le riviste e siti internet che abbiamo consultato) che fosse sufficiente fare un taglio alla base della coda e poi tirare energicamente per eliminare la pelle.
Abbiamo così scoperto che la pelle della passera pianuzza (o di mare come si trova comunemente scritto in giro) è molto più difficile da strappare (Alessia ci ha messo quasi un’ora nel tentativo di non distruggere completamente i filetti), e molto più simile a quella di un rombo. Il consiglio dell’esperto di pesce (consultato in seguito) è quello di (se proprio la preparazione prevede l'assenza della pelle) sfilettare la passera, e poi controsfilettarla. Ci riproveremo e vi faremo sapere.
Cos’altro è successo in queste due settimane? Beh, un po’ di begli eventi inerenti al food.
Innanzitutto lo scorso weekend si è tenuto tra Tarvisio e Malborghetto Ein prosit 2013, una manifestazione enogastronomica di altissimo livello(di cui Alessia ha fatto anche una breve recensione su SemprePesce qui). Fulcro di questa manifestazione è sicuramente il vino, in tutte le sue forme e sfumature. Tantissimi i produttori FVG presenti e i vini di altre regioni in assaggio; organizzate benissimo le degustazioni guidate, incentrate su temi particolari o di grande richiamo come quelle sullo champagne o sui vini della Borgogna.
Intorno ai vini un ricco programma, fatto di corsi a tema (tra cui quelli di Gianluca Fusto), cene stellari preparate da grandi chef come Emanuele Scarello, Igles Corelli, Andrea Canton, e l’assaggio di tantissimi prodotti di eccellenza provenienti sia dal territorio friulano che da altre regioni.
Per avere una splendida carrellata di foto riguardanti Ein Prosit e una cronaca più approfondita vi riinviamo ai blog di Giulia, Alessandra e Rossella. Lasciatevi trasportare dalle loro parole e immagini, e segnatevi l’appuntamento per l’anno prossimo: merita davvero e noi torneremo sicuramente!
Altro evento molto carino a cui abbiamo assistito è stato Gusti teatrali, organizzato dalla rivista qb quantobasta e dalla sua energica direttrice Fabiana Romanutti, in collaborazione con il teatro Giovanni da Udine. Si tratta di un progetto (suddiviso in 4 appuntamenti) in cui si ha l’occasione di analizzare il ruolo del cibo all’interno di alcune opere teatrali, sfruttando l’occasione per parlare anche di qualità, territorio e tradizioni.
Questo primo appuntamento verteva intorno all’opera teatrale Le voci di dentro di Eduardo De Filippo. Si è parlato quindi di questo grandissimo autore e attore italiano, del suo personale rapporto con il cibo, e dell’importanza di esso in questa particolare opera, ma anche in altre, come il ruolo del caffè nell’opera "Questi fantasmi". Sono intervenuti, oltre alla sig.ra Romanutti, Walter Filipputti, docente al master “Cultura del cibo e del vino” presso l’Università Cà Foscari, e il nostro amico e chef Andrea Gabin, produttore della cosiddetta “pizza gourmet”, con la quale abbiamo banchettato al termine dell’incontro sorseggiando i vini della Casa Vinicola Antonutti.
Altro bell’evento in agenda (ma che credo salteremo per le questioni di salute) è Mani in pasta, una due-giorni organizzata dall’associazione Etica del gusto in cui alcuni forni, pasticcerie e gelaterie della regione aprono i loro laboratori al pubblico. L’appuntamento è per questo weekend, e in particolare per domenica 24. Qui trovate l’elenco dei partecipanti al progetto: basta telefonare e prenotare un posto!
E a questo punto, buon weekend a tutti!

Pane demi gris

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Ripubblico questo post perché ho apportato alcune modifiche migliorative alla ricetta...
Perché demi gris? Perché ho vissuto dieci anni a Bruxelles e ogni tanto mi viene spontaneo chiamare alcune cose con il nome francese quando il corrispettivo italiano è più lungo o meno invitante.
A Bruxelles avevo un panificio sotto casa che faceva dei pani strepitosi sia demi-gris (letteralmente mezzo grigio, cioè parzialmente integrale) che gris (integrale), e soprattutto aveva pane fresco tutti i giorni dell’anno, anche a Natale e Pasqua! Strepitoso! Per non parlare delle macchine per tagliare a fette il pane in modo perfetto. Mi chiedo sempre perché non ci siano anche qui da noi…
Una volta rientrati in Italia, però, le cose sono cambiate. Nella maggior parte dei panifici/negozi il pane non è eccezionale, tranne rari casi, e soprattutto se scegli un pane particolare il prezzo comincia a lievitare. Se poi ti capitano due giorni o più di festa…
Così, stanca di sentire mio marito che brontolava in continuazione, ho comprato la mia prima macchina per il pane (in Germania, perché qui ancora non esistevano).
In questi anni ho raffinato il metodo e non uso più la macchina ma l’impastatrice, e poi inforno nel forno di casa. Chi non avesse l’impastatrice può preparare il pane usando un frullino elettrico che abbia i due ganci impastatori (quelle specie di eliche).
Non lasciatevi scoraggiare! Anche se a prima vista vi sembra un’impresa impossibile, se non altro per i tempi, in realtà è molto semplice e seguendo passo passo le istruzioni, anche chi non è esperto otterrà un ottimo pane. Sicuramente migliore di quello che si compra e di garantita qualità.
Con queste dosi si ottiene circa 1 kg di pane, che consente di coprire le esigenze della nostra famiglia (4-5 persone) per 2 giorni, durante i quali il pane si mantiene morbido grazie alla presenza della segale.

Tempo di preparazione: 15 minuti + tempi di lievitazione e di cottura
Difficoltà: semplice

Ingredienti
  • 550 g farina 0
  • 150 g farina di segale
  • 1/2 litro di acqua
  • 1 cubetto di lievito di birra
  • 1 cucchiaio da minestra di olio evo
  • 1 cucchiaino da tè di sale
Sciogliete il cubetto di lievito nell’acqua (non troppo fredda). Nella planetaria mettete l'acqua, poi la farina e cominciate a impastare; aggiungete l'olio. Continuate a impastare e solo alla fine aggiungete il sale. Il vostro panetto sarà pronto quando la pasta si stacca dalle pareti. Se vi sembra ancora molliccio, aggiungete ancora un po' di farina. Questa fase dura circa 10-15 minuti.
Coprite con una pellicola piuttosto resistente, mettendola a diretto contatto con il panetto, e lasciate lievitare per circa un’ora e mezza in un posto caldo e senza spifferi. Deve raddoppiare il suo volume.
A questo punto, mettete l’impasto sulla spianatoia infarinata, dividetelo a metà e formate due filoni. Metteteli sulla placca da forno rivestita con carta forno, coprite con un canovaccio, e lasciate lievitare ancora per circa un’ora e mezza.


Prima di infornare, praticate dei tagli obliqui (con molta leggerezza per non rovinare la lievitazione) e infornate per 20-25 minuti a 220-230° con forno statico. Poi lasciate raffreddare il pane su una gratella prima di affettarlo.

PS: ricordatevi che, se usate farine integrali, non dovete mai superare il 50% del totale altrimenti il pane non lievita; che le dosi di acqua/farina cambiano a seconda delle farine che utilizzate; e infine che si può sostituire una parte dell’acqua con del latte.

Crostata con crema al cioccolato e pere

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Buon giorno e buon inizio settimana a tutti!
Vogliamo dedicare questa ricetta a tutti voi che ci seguite. Negli ultimi tempi ci siamo un po’ distratte, ma abbiamo notato il numero crescente di follower sia qui che su Facebook, e vi ringraziamo tantissimo per questo. Ci rendete più felici ogni giorno di più!
Qui in Friuli oggi è finalmente una stupenda giornata, ma negli scorsi giorni il tempo è stato grigio e umidissimo. Noi ci siamo coccolate con questa golosissima torta. Ovviamente la frutta di stagione non è molto adatta per una classica crostata di frutta, ma l’abbiamo reinterpretata a modo nostro. E cosa c’è di meglio di cioccolato e pere? Forse scontata (ormai siamo alla nostra terza versione di cioccolato e pere dopo il crumble e la torta 10 cucchiai), ma sempre apprezzatissima a casa nostra. E nelle vostre?



Tempo di preparazione: 1 oretta più il tempo di cottura
Difficoltà: media

Ingredienti
per la pasta frolla
  • 300 g di farina
  • 150 g di burro
  • 150 g di zucchero
  • 3 tuorli
  • la buccia grattugiata di un limone
  • ½ bustina di lievito (8 g circa)
per il ripieno
  • 2 tuorli
  • 450 ml di latte
  • 4-5 cucchiai di zucchero
  • 2 cucchiai di farina
  • 50 g di cioccolato fondente
  • qualche scorza intera di limone bio
  • pizzico di sale
  • 3 pere
  • 1 cucchiaiata di latte
  • zucchero a velo
Prima di tutto preparate la crema per il ripieno. In una ciotola mescolate i tuorli con lo zucchero finché la miscela non è ben montata. Si aggiunge la farina e il sale, sempre mescolando, e infine il latte e le scorzette degli agrumi. Si cuoce a fuoco medio fino a bollore, poi si abbassa il fuoco e si cucina per 5 minuti. Verso la fine aggiungete il cioccolato sminuzzato e mescolate per farlo sciogliere. Togliete le scorzette, coprite con la pellicola e fate raffreddare.
Sbucciate le pere e tagliatele a fettine sottili.
Disponete la farina sulla spianatoia insieme al burro ammorbidito a pezzetti; lavorate con le mani finché è tutto assorbito. Fate la fontana, e aggiungete lo zucchero, i tuorli, il limone e il lievito.
Una volta che il composto è ben omogeneo, formate una palla e dividitela in due parti, una un po’ più grande dell’altra. Prendete la porzione più grande e tirate la sfoglia, con cui foderate la teglia imburrata e infarinata. Le dosi utilizzate sono adatte per una tortiera di 26 cm.
Farcite la frolla con la crema e coprite con le fettine di pera. Stendete la seconda porzione di frolla e ricoprite la crostata. Spennellate con del latte.
Infornate a 180° per 35-40 minuti, finché la crostata non risulta ben colorita.
Spolverizzate di zucchero a velo.

Zuppa di scarola e fagioli

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Questa zuppa non è niente di che, di sicuro non è una novità… e so che è molto diffusa nel centro-sud dell’Italia. Infatti, è stata la mia amica calabrese che me l’ha fatta assaggiare la prima volta. È stato amore alla prima cucchiaiata!
Ormai fa parte delle nostre ricette consuete, quelle che si fanno e rifanno molte volte, soprattutto quando arriva questo freddino e se la giornata è uggiosa. Ti riscalda veramente il cuore!

Tempo di preparazione: 30 minuti circa
Difficoltà: facilissima

Ingredienti (per 4-5 persone)
  • 2 cespi di scarola
  • 500 g di fagioli lessati (oppure 2 scatole di fagioli già cotti)
  • 1 spicchio d’aglio
  • olio extravergine di oliva
  • sale e pepe
In una padella a fondo spesso, mettete l’olio e lo spicchio d’aglio. Aggiungete la scarola lavata e tagliata. Salate, pepate e fate appassire. Unite i fagioli in precedenza lessati e fate cuocere a fuoco basso per una ventina di minuti.
Se volete fare una cosa più veloce, potete usare i fagioli in scatola già lessati. In questo caso, scolateli dalla loro acqua di conserva e risciacquateli.

Una turista a Roma

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La vocazione di S. Matteo - foto dal web
Ogni volta che vado qualche giorno a Romami riprometto di darvi qualche consiglio da turista a turista.
Roma è una città complessa, con un patrimonio architettonico e culturale che non ha eguali. Ho avuto la fortuna di andarci spesso con mia madre sin da piccola e di soggiornare per periodi abbastanza lunghi. Quando al liceo studiavo un periodo storico-artistico, alla prima occasione di soggiorno romano preparavo il percorso per vedere dal vivo quello che avevo imparato sui libri. Mia madre, appassionata come me, mi seguiva entusiasta.
Ora, quando ci vado, è sempre per pochi giorni ma, avendo già visto (e rivisto) tutti i fondamentali e non solo, mi piace camminare per la città senza una meta precisa gustandone il fascino.
Perciò questo non è un elenco di ciò che dovete visitare; a voi la scelta se preferite i musei piuttosto che le chiese... Vi racconto solo alcune delle cose che amo fare. Magari scoprite qualcosa di insolito che vi può interessare.
Il classico turista butta la monetina a Fontana di Trevi per essere sicuro di tornarci quanto prima. Per me, la visita “obbligatoria” invece è alla chiesa di S. Luigi dei francesi, tra il Panteon e Piazza Navona. In una delle cappelle della navata laterale sinistra (guardando l’altare) ci sono tre quadri, tre capolavori del Caravaggio dedicati alla vita di San Matteo. La chiesa è chiusa il giovedì pomeriggio. Se vi piace il Caravaggio, trovate altre sue opere nella chiesa di S. Agostino o nella chiesa di Santa Maria del Popolo (citata nel libro di Dan Brown, Angeli e Demoni) e naturalmente al museo di Villa Borghese.
All’inizio di via del Tritone c’è la chiesa di Santa Maria in via. Nella prima cappella a destra entrando, potete assistere ad uno strano rituale: il sacrestano versa nei bicchieri di plastica l’acqua del pozzo sottostante la chiesa. La leggenda narra che lì a fianco sorgeva il palazzo del cardinale Capocci. Un giorno dal pozzo del palazzo affiorò una pesante terracotta con l’immagine della Madonna. Il cardinale pensò ad un miracolo e subito ampliò la cappella che divenne così una chiesa. Ovviamente l’acqua è miracolosa.

S. Andrea al Quirinale - foto dal web
Un piccolo gioiello architettonico è la chiesa di San Andrea al Quirinale progettata dal Bernini. Viene aperta soprattutto per matrimoni e si trova sul lato del Quirinale. Qualche centinaia di metri più avanti c’è anche la più nota chiesa di San Carlino alle quattro fontane con il suo stupendo chiostro.
Proprio lì vicino, c’è Palazzo Barberinisede della Galleria nazionale d’arte antica. Tutti pensano che siano interessanti solo le opere del museo, in realtà il palazzo ha dei bellissimi affreschi e due insolite scalinate interne, una progettata dal Bernini e una dal rivale Borromini, così da non scontentare nessuno dei due!

Palazzo Barberini - foto dal web
Merita una visita anche il meno conosciuto museo etrusco di Villa Giulia.
Potrei continuare parlandovi delle numerose e talvolta sconosciute fontane che abbelliscono la città: vi cito solo la fontana delle api all’inizio di via Veneto sempre opera del Bernini.
Se è ora di pranzo, vi do 3 indirizzi utili a seconda della zona che frequentate, del tipo di cibo che preferite e del costo.
Se siete vicino a San Pietro, per la precisione a piazza Risorgimento 3, c’è 200 gradi. Qui potete mangiare i migliori panini che conosco a prezzi che si aggirano sui 5 Euro. I titolari spesso sono ospiti della Clerici alla Prova del cuoco. Vi posso assicurare che in tanti anni non si sono montati la testa, tutto il personale è gentilissimo e affabile.

da Tonino - foto dal web
Nei dintorni di piazza Navona, in via del Governo vecchio 18-19, c’è la Trattoria da Tonino, piccola osteria con tovaglie di carta e cibo romano verace. È frequentata per lo più da impiegati e gente della zona. Prezzi medio-bassi ed è meglio prenotare. Il venerdì fanno un baccalà stupendo (e ve lo dice una che non ama il baccalà!).

Hostaria da Nerone - foto dal web
Vicino al Colosseo, trovate l’Hostaria da Nerone, in via Terme di Tito 86. Potete gustare piatti tipici romaneschi. Il martedì e venerdì trovate anche del pesce sempre freschissimo. I prezzi non sono bassi, ma la qualità è garantita (e potete approfittare per fare due passi in più, letteralmente dietro l’angolo, e vedere il Mosè di Michelangelo nella chiesa di San Pietro in Vincoli).
Se volete bere un buon caffè, il migliore è sicuramente quello del bar in piazza San Eustachio. Ma molto buono è anche quello del piccolo bar Fiocco di neve, in via del Pantheon 51, che fa l’affogato al caffè: caffè caldo con una pallina di gelato allo zabaione. Da leccarsi i baffi!
Se cercate degli ingredienti culinari insoliti e strani, magari stranieri, Castroniè un’istituzione. I suoi punti vendita sono sparsi un po’ ovunque.
Da poco ha aperto anche Eataly, alla vecchia stazione Ostiense. I suoi 4 piani sono un piacere per la vista e per il palato. Lì trovate il riso Nerone della Cascina Belvedere, di cui vi abbiamo già parlato.
Per chi cerca qualche oggetto, stampo o altro per la pasticceria e il cake design in particolare, c’è Peroni in Piazza dell’Unità 26 (una parallela di via Cola di Rienzo). Non riuscirete ad uscire senza qualche acquisto.
Tiziana

Crocchette di patate Bombay

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Buona giornata e buona settimana.
Oggi ricettina facile facile, e forse anche un po’ scontata, ma mica si possono fare sempre ricette complicate, o no?
Girando nel web in caccia di nuove ricette di cucina, ci siamo imbattute nelle crocchette di patate e ci è venuta voglia di farle immediatamente. Ci siamo ispirate all’impasto base delle patate duchesse aggiungendo un mix di spezie indiane comprato quest’estate da Alessia a Londra presso il Borough Market (qui il link in cui Alessia parlava del suo giro per i mercati londinesi).
Questo mix di spezie si chiama Bombay Potatoes, ed è fatto apposta per la preparazione dell’omonimo famosissimo contorno indiano. Per prepararlo in casa dovete mescolare curry, curcuma, coriandolo, cumino, semi di senape e peperoncino. È spaziale!

Tempo di preparazione: 1 oretta
Difficoltà: facile

Ingredienti
  • 600 g di patate
  • 60 g di burro
  • 3 uova
  • ½ cipolla rossa di Tropea
  • sale
  • pepe bianco
  • 1 cucchiaino e mezzo di mix di spezie Bombay Potatoes
  • farina
  • pangrattato
  • olio di arachide per friggere
Lessate le patate, poi sbucciatele e passatele al passaverdura ancora belle calde. Mettete il tutto in una padella, aggiungete 60 g di burro e fate asciugare. Rovesciate la purea in una ciotola e lasciate raffreddare.
Aggiungete 1 uovo, la cipolla tagliata a dadini piccoli, il sale, il pepe e il mix di spezie. Mescolate bene e fate tanti rotolini della grandezza più o meno di un turacciolo. Passate i rotolini prima nella farina, poi nelle 2 uova sbattute e salate e infine nel pangrattato.
Friggete in olio profondo.

L’Adventurous Taster e i krapfen

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Finalmente, dopo una lunga attesa, ecco il ritorno del nostro amico Adventurous Taster. Questa volta ha deciso di cimentarsi con i nostri inimitabili krapfen.
Siamo sincere, tante cose ci vengono bene ma c’è sempre qualcuno che le fa meglio. Con i krapfen non è così: non abbiamo mai mangiato dei krapfen neanche lontanamente simili ai nostri, soffici, leggeri, per niente unti. Ne possiamo mangiare un intero vassoio senza stare male… e l’Adventurous Taster conferma tutta la linea (dai pesci rossi informazione non pervenuta)!

Dovete sapere che da bravo Adventurous Taster io vivo circondato da intolleranti e allergici a qualche tipo di cibo. Io di mio sono allergico ai calamari fritti... E tutti, me compreso, andiamo pazzi del cibo che non possiamo mangiare...
Tutti i piatti che ho realizzato finora erano cibi sani e nutrienti... forse erano un po' zuccherati i marshmellows... ma nulla era così travolgentemente peccaminosoe così contro le regole salutistiche dei KRAPFEN fritti!
Alessia mi aveva avvisato a voce bassa quando le ho anticipato per la prima volta che avrei fatto quella ricetta lì: "Attenzione uno tira l'altro..." Come se contenessero un veleno alchemico per il quale non esiste antidoto. Ma non temevo nulla, mi sentivo un figo: per la prima volta ho tutti gli ingredienti e tutta l'attrezzatura.
Poi ho iniziato con il "lievitino"...
L'ho preparato sostituendo il burro con EVO e il latte con latte di soia e l'ho messo a fermentare dentro un ex bicchiere di nutella (ne ho diversi, alcuni con la mezza etichetta ancora attaccata...) per dargli un po' più di spirito godurioso...
Torno dopo mezz'ora e stava già uscendo dal bicchiere per andare a conquistare il mondo...
L'ho ripreso al volo e impastato con la farina dentro una terrina di vetro capiente... Da lì non poteva scappare... Torno dopo un'ora e stava di nuovo traboccando!
Con una mossa alla Bruce Lee affondo feroce le mani nell'impasto per impedirgli di invadermi la cucina... ERRORE!!!!!!!
Come buttarsi tra i tentacoli di un calamaro gigante... Le mani restano entrambe avvinghiate dall'impasto che si tira dietro la terrina come se fosse un paguro bernardo! Per liberarne una devo sacrificare l'altra e immergerla nella massa ribelle e poi liberarla con un coltello dalla parte larga della lama e mettere la farina con gli avambracci per reimpastare e addomesticare l'impasto.
Aggiungo le uova e il sale e reimpasto: la massa ribelle stavolta obbedisce e lievita.
Faccio i dischi con un bicchiere cosparso di farina (rigorosamente ex nutella) e poi estraggo il wok più grande che ho e quando l'olio comincia friggere inizio la cottura. Ne metto uno subito e uno a metà cottura così quando uno è cotto l'altro non fa bruciare l'olio.
Posso dirvi che sono pronti quando il colore è quello del sacchetto di pane, non serve che usiate uno spettrofotometro o un colorimetro industriale.
Io li ho fatti cucinare di più purtroppo e sono venuti fuori sul rosso marrone.
Caldi erano buonissimi anche senza marmellata ma freddi avevano un sentore di bruciaticcio che stonava un po'... Comunque non sono avanzati lo stesso!
Figuratevi come sono davvero se li cuocete il giusto e se vi ricordate di metterci lo zucchero!
Il vostro inviato dalla cucina
L'Adventurous Taster

Pint your Xmas: ovvero il panettone Loison a Cividale

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Come molti di voi già sanno, noi abitiamo a Cividale del Friuli (UD), nota cittadina entrata da poco nella lista Unesco come patrimonio dell’umanità per il suo ricco patrimonio archeologico, e famosa nel campo enogastronomico per i favolosi vini del Collio friulano e per la Gubana, il dolce tipico locale.
Perciò quando la ditta Loison, famosa per i suoi panettoni e colombe, ha indetto il contest fotografico “World Wide Panettone: il Panettone nel mondo” abbiamo scelto di utilizzare proprio la ridente e bella cittadina di Cividale come sfondo per le nostre foto.

La foto in alto l’abbiamo chiamata “È sempre l’ora giusta per il panettone Loison”.
Credo che pochissimi a Cividale si siano chiesti chi ha costruito l’orologio del campanile del duomo. Adesso vi raccontiamo la sua storia, che è anche un pezzetto di storia di famiglia.
Fu agli inizi del 1900 che venne costruito l’orologio del campanile da Luigi Chicchio, il bisnonno di Tiziana, un abilissimo orologiaio, esperto nella creazione di orologi di grandi dimensioni.
Situazioni avverse e difficoltà famigliari gli impedirono di frequentare la più elementare istruzione scolastica, e così, fin da adolescente, si rimboccò le maniche e creò dal nulla un laboratorio, dove la sua abilità e il suo genio inventivo si focalizzarono in particolare sugli orologi da torre e da villa.
Nacquero così gli orologi con le suonerie, con il richiamo dei cuculi, con le meridiane, i quali trovarono posto un po’ ovunque nel cividalese, nelle Valli del Natisone, fino a Caporetto. Furono ben 177 gli orologi di grandi dimensioni da lui creati e personalmente installati con l’aiuto dei suoi 3 figli, Pietro, Mario e Michele. Ricevette moltissimi riconoscimenti e per due orologi gli venne conferita anche la medaglia d’oro.
Questo del campanile in origine aveva anche la meridiana. Evidentemente il suo suono dava fastidio ai nostri concittadini e venne disattivata subito dopo. La leggenda (= nonna Sara) narra che il giorno in cui il bisnonno Luigi morì la meridiana torno a suonare autonomamente un’ultima volta!

Meccanismo e ingranaggi dell'orologio esposti sotto la loggia del Comune prima dell'installazione nel campanile


La seconda foto l’abbiamo chiamata “Panettone Loison: la tentazione del Diavolo”.
Il ponte alle spalle del panettone è il Ponte del Diavolo, risalente alla metà del 1400. La leggenda vuole che i cividalesi avessero fatto un patto col Diavolo per farsi costruire il ponte, promettendo, in cambio dell’opera, l’anima della prima creatura che lo avesse attraversato. Ovviamente gli scaltri cittadini, invece di mandare una persona, mandarono un animale: c’è chi dice fosse un cane, chi un gatto nero, chi un maiale. Sta di fatto che il Diavolo venne gabbato e dovette ritirarsi in buon ordine! Purtroppo, il ponte venne distrutto nel 1917 durante la ritirata di Caporetto, nel tentativo di ritardare l’avanzata nemica, ma poi ricostruito nel 1918 dagli austriaci.

Cantuccini

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Idea sempre carina quella di regalare per Natale dei biscottini fatti in casa. I cantuccini poi fanno sempre la loro bella figura e li potete fare con qualche giorno di anticipo.
Come sapete, non siamo delle grandi produttrici di biscotti, ma qui e qui trovate altre due ricette interessanti.
Se poi cercate qualche altra idea per un dolce pensiero potete scorrere l’indice dei cioccolatini e scegliere quelli che preferite… alcuni sono veramente facili e veloci da fare.

Tempo di preparazione: 45 minuti circa
Difficoltà: facilissima

Ingredienti
  • 375 g di farina 00
  • 225 g di zucchero
  • 3 uova
  • 150 g di nocciole e pistacchi (oppure mandorle)
  • 1 bustina di vanillina
  • 1 pizzico di cannella
  • 1 pizzico di sale
  • 1 cucchiaino e mezzo di lievito per dolci
Versate sulla spianatoia la farina, fate la classica fontana e aggiungete tutti gli ingredienti nell’ordine indicato.
Impastate velocemente e fate 2 filoncini non troppo sottili.
Cuocete in forno statico per 20-30 minuti a 180°, poi togliete dal forno e tagliate a fette in diagonale. Distanziate un po’ le fette e rimettete in forno (questa volta ventilato) altri 5 minuti. Non devono venire troppo coloriti altrimenti poi risulteranno troppo duri.
Spegnete e lasciate ancora qualche minuto in forno.

Softbox fai da te

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In questi due anni e mezzo di blog abbiamo preparato molti piatti, molti di più di quelli che abbiamo pubblicato. Tutto ciò perché abbiamo scartato molte foto, decisamente inguardabili, fatte in giornate nuvolose, piovose, o buie.
Si sa che per fare delle belle foto la luce è l’ingrediente fondamentale e il soggetto cibo non fa eccezione…
Poi un giorno ho visto le foto di una softbox artigianale e subito mi sono messa a pensare come costruirla. A parte pochissimi elementi, ho utilizzato tutte cose che avevo in casa.
Ho recuperato dalla cantina i due speaker di un vecchio stereo che stavo per portare in discarica. Li ho completamente svuotati e dipinti all’interno con uno smalto bianco brillante.


Poi nei due fori tondi, che erano già presenti sulle casse, ho fissato con le viti i portalampade e ho allacciato un filo elettrico con relativa presa per ognuna di esse in modo da accendere una o due lampade a seconda dell’intensità di luce richiesta.


A questo punto ho preso uno di quei teli che si usano per coprire d’inverno le piante dimoranti all’esterno. Dato che questi teli hanno una trama molto rada, ho preferito metterne più strati e li ho fissati mediante una spillatrice per legno solo nella parte superiore delle casse, così da aggiungere o togliere gli strati di telo a seconda del quantitativo di luce necessaria o anche solo per sostituire le lampadine.
Ho messo, per ogni cassa, 2 lampadine a basso consumo che fanno una luce pari a 40 Watt ognuna.


Le prime foto fatte con questo sistema sono risultate più che soddisfacenti, coronando la fatica e la mia “genialità” di bricoleur, scusate la modestia!!!

Fior di pacchero con capesante e burrata

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Ultimi giorni prima del Natale e ultimissimi consigli per un menù degno di questa festa. Le tradizioni in Italia sono tante, direi che variano da paese a paese, anzi da famiglia a famiglia. C’è chi ama festeggiare la vigilia, chi il pranzo vero e proprio… e poi che dire dei menù: i più disparati.
Pensate che qui a Cividale la tradizione vuole che la vigilia di Natale si vada alla Messa di mezzanotte e poi tutti nelle Trattorie a mangiare le trippe… bello pesantino come menù!
Invece il nostro primo è leggero e raffinato, ma anche saporito al punto giusto.

Tempo di preparazione: 1 ora ca.
Difficoltà: media

Ingredienti (per persona)
  • 6 paccheri
  • 6 capesante
  • mezza burrata
  • una cucchiaiata di besciamella
  • vino bianco
  • olio
  • sale
  • pepe bianco
  • 1 foglia di porro
Portate a bollore dell’acqua salata e lessate i paccheri per una decina di minuti. Scolateli al dente, passateli sotto l’acqua fredda per fermare la cottura e metteteli ad asciugare su di un panno.
Cuocete in acqua salata in ebollizione anche le foglie di porro per 3-4 minuti. Scolatele e immergetele in acqua ghiacciata per fermare la cottura e mantenere il loro colore verde brillante. Ponete anch’esse ad asciugare su di un panno.
Prendete la burrata, sminuzzatela e ponetela a sgocciolare in un colino.
Prendete le capesante, risciacquatele, e asciugatele; tagliate la polpa bianca a cubetti, mentre il corallo solo in 2 parti. Scaldate una padella con un filo d’olio e cucinate il ragù di capesante sfumando con mezzo bicchiere di vino bianco. Salate e pepate. Aggiungete le capesante alla burrata e mettete da parte.
Preparate una besciamella abbastanza sostenuta (noi 50 g di burro, 500 ml di latte e un cucchiaio di farina, sale e noce moscata) e distribuite un cucchiaio sul fondo di ogni pirofila monoporzione. Prendete 6 paccheri per persona, riempiteli con il ripieno di burrata e capesante, e disponeteli nella pirofila a forma di fiore (1 al centro e 5 intorno). Tenete insieme il fiore legandolo con la foglia di porro.

Gratinate in forno a 200°C per 10 minuti circa.

Bourguignonne

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La bourguignonne o fondue bourguignonne è un piatto di origine svizzera. È un metodo di cottura facile e veloce e molto conviviale dato che coinvolge ogni singolo commensale.
Consiste nel cuocere piccoli pezzi di carne in una particolare pentola posta al centro della tavola. I tipi di carne possono variare dal manzo al pollo, l'importante è che la carne sia di ottima qualità.
Ogni commensale infilza i suoi pezzetti di carne con l’apposita forchetta a manico lungo e li cuoce nella pentola con l’olio bollente. A seconda del gusto personale la cottura può essere più o meno al sangue.
L’unica variante che una “cuoca” può apportare alla ricetta è la varietà di salse con cui si accompagna la carne.
Noi abbiamo fatto due salse: una maionese profumata all’arancia e zenzero e una classica salsa tartara.


Tempo di preparazione: mezz'ora
Difficoltà: facilissima

Ingredienti
  • carne di manzo
  • olio EVO
per la maionese arancia e zenzero
  • maionese
  • succo e scorza di 1 arancia (bio)
  • 1 cucchiaio di brandy
  • zenzero fresco grattugiato
per la salsa tartara
  • maionese
  • 3 cetriolini sott’aceto
  • 1 cucchiaio di capperi
  • prezzemolo
Preparate le salse.
Per la salsa arancia e zenzero procedete così: in una ciotolina mescolate la maionese con il brandy, un po’ di succo di arancia, la scorza dell’arancia (lavata e asciugata) grattugiata e lo zenzero anch’esso grattugiato.
Per la salsa tartara fate così: tritate i cetriolini, i capperi e un ciuffetto di prezzemolo. Mettete la maionese in una ciotolina e aggiungete il trito preparato. Mescolate bene.
Le dosi degli ingredienti sono puramente indicative, in quanto ognuno può assaggiare e aggiungere o togliere certi ingredienti per rendere le salse più o meno forti.

A questo punto non vi resta che scaldare l’olio e tuffare i pezzetti di carne!

Baccalà mantecato e crostoli al pomodoro

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Ormai manca poco più di un giorno a Natale e siamo tutti presi dagli ultimi preparativi per pranzi e cene. Ultime spese, ultimissimi regali…
Forse avete già comperato tutto l’occorrente e arriviamo un po’ tardi, ma vi proponiamo ugualmente questo antipasto delizioso… magari lo potete fare per un’altra occasione.
Inizialmente dovevamo fare il baccalà alla vicentina per accontentare un’amica, ma dato che a noi non piace particolarmente, abbiamo deciso di rivisitare a modo nostro il baccalà mantecato. E, per non farci mancare niente, l’abbiamo accompagnato a dei crostoli salati al pomodoro: buonissimi! Dopo il grande successo che hanno suscitato i nostri crostoli al nero di seppia, che qui ci starebbero benissimo, anche questo secondo esperimento ha superato brillantemente l’esame.
Approfittiamo dell'occasione per ringraziare tutti i nostri affezionati lettori e per farvi tantissimi auguri di buon Natale!

Tempo di preparazione: 40 minuti (per il baccalà) e 40 ca. (per i crostoli)
Difficoltà: facile

Ingredienti
Per il baccalà
  • 300 g di baccalà (già ammollato)
  • latte
  • 2 foglie di alloro
  • sale
  • pepe
  • olio di riso
per i crostoli
  • 140 g di farina 00
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaio raso di zucchero
  • 10 g di burro
  • 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
  • 1 cucchiaio di porto bianco
  • sale fino qb
  • olio di arachide per friggere
Prima preparate il baccalà. Risciacquate il baccalà e mettetelo intero in una casseruola con il latte e un po’ d’acqua (fino a coprirlo bene), salate leggermente e aggiungete le foglie di alloro. Dall’ebollizione cuocete per 25 minuti circa. Scolate e sminuzzate il baccalà togliendo tutte le spine e la pelle. Mettete la polpa in una ciotola e con la frusta montate aggiungendo a filo l’olio di riso. Aggiustate di sale e di pepe.
Trucchetto delle staffette: non buttate il latte di cottura, perché lo potete utilizzare in parte al posto dell’olio di riso. Inoltre, sarebbe meglio preparare il baccalà mantecato il giorno prima, così che si amalgamino meglio i sapori.

Per i crostoli: prima di tutto sciogliete il burro a fuoco bassissimo e lasciatelo raffreddare. Sciogliete il concentrato con il cucchiaio di porto e poi unite tutti gli altri ingredienti tranne il sale e impastate. Fate una palla e lasciatela riposare una mezz’oretta coperta da un tovagliolo.
Tirate la sfoglia sottile e ritagliatela nelle forme che preferite.
Riscaldate l’olio di arachide e friggete, a fuoco non troppo forte, i crostoli pochi per volta rigirandoli.
Scolateli su un foglio di carta, cospargeteli con il sale fino e trasferiteli su un bel vassoio.
Trucchetto delle staffette: mettete nell’olio un pezzetto di pane vecchio così prima di tutto vi rendete conto quando l’olio è arrivato al punto giusto di calore e poi è un ottimo modo per non farlo bruciare!

Budino esotico

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Lo sappiamo, le feste di Natale sono sinonimo di panettone e pandoro. E noi, da brave foodblogger, volevamo cimentarci nella preparazione del panettone, avevamo anche già comperato gli stampi di carta, ma a dispetto della buona volontà non ce l’abbiamo fatta neanche quest’anno…
Però ci siamo consolate con questo budino, facile, veloce, sufficientemente light e buonissimo… l’abbiamo divorato in un nanosecondo!

Tempo di preparazione: mezz’ora più il tempo di riposo
Difficoltà: facile

Ingredienti
  • ½ litro di latte
  • 50 g di semolino
  • 50 g di cocco disidratato
  • 50 g di uvetta
  • 70 g di ananas essiccato
  • 50 g di datteri privati del nocciolo
  • 30 g di burro
  • 2 cucchiai di miele d’arancio
  • 4 cucchiai di zucchero a velo
  • cannella
  • bacca di vaniglia
  • grappa (o rum)
  • sale
Prima di tutto lavate, asciugate e mettete l’uvetta a mollo nella grappa.
In un pentolino portate quasi a bollore il latte con il miele, lo zucchero a velo, la bacca di vaniglia aperta, il sale e una presa di cannella. Lasciate riposare mezz’ora coperto. Dopo di che filtrate.
Portate nuovamente a bollore il latte e versate a pioggia il semolino mescolando con una frusta per evitare di formare dei grumi. Cuocete a fuoco basso per 10 minuti. Poi aggiungete il cocco e il burro. Mescolate e cuocete ancora per 3 minuti ca.
Fuori dal fuoco aggiungete l’ananas e i datteri tagliati a piccoli pezzetti, e l’uvetta strizzata.
Versate in uno stampo e mettete a raffreddare in frigo qualche ora.
Preparate la salsa. Scaldate la panna (senza portarla a bollore) e mettete in infusione la radice di zenzero privata della corteccia. Filtrate la panna, scaldatela nuovamente, toglietela dal fuoco e aggiungete il cioccolato fondente ridotto a pezzetti. Fate sciogliere completamente.
Sformate e servite il budino con la salsa al cioccolato ancora tiepida.

Spuma di trota salmonata al gin Bombay e crostoli al nero di seppia

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Passato bene le feste? Noi sì. Quest’anno una serie di circostanze ha fatto sì che diversi amici e parenti siano passati da Cividale e da casa nostra. Evento non consueto visto che abitiamo in una zona ai confini dell’Italia e perciò di insolito passaggio. Ovviamente abbiamo preferito occuparci di loro e trascurare il blog.
Comunque questo sfizioso antipasto è perfetto non solo a Natale o a Capodanno ma va bene anche solo per il pranzo della domenica o per far mangiare del pesce ai bambini. È facile, veloce e di sicuro effetto!
Si tratta di una mousse sofficissima di trota abbinata a dei crostoli al nero di seppia, di cui vi abbiamo già parlato qui.
Questa ricetta è stata presentata a GOOD 2013 e ha avuto l’onore di essere pubblicata sul mensile qbquantobastaFVG di dicembre!


Ingredienti (6-8 persone)
per i crostoli
  • 120 g di farina 00 del Molino Moras
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • 10 g di burro
  • nero di seppia (1 bustina)
  • 1 cucchiaio di vino bianco
  • sale rosa dell’Himalaya
  • olio di arachide per friggere
per la spuma alla trota salmonata
  • 350 di filetto di trota salmonata iridea
  • 150 g di ricotta
  • mezzo scalogno
  • 2 tazzine da caffè di gin Bombay Sapphire
  • sale rosa dell’Himalaya
  • pepe bianco
  • 1 noce di burro
  • uova di lompo nere
Preparate i crostoli. Prima di tutto sciogliete il burro a fuoco bassissimo e lasciatelo raffreddare. Poi unite tutti gli ingredienti tranne il sale e impastate. Fate una palla e lasciatela riposare una mezz’oretta coperta da pellicola.
A questo punto tirate la sfoglia sottile, e ritagliatela nelle forme che preferite. In una padella riscaldate l’olio di arachide e friggete i crostoli pochi per volta rigirandoli. Scolateli su un foglio di carta e macinate sopra al momento il sale rosa dell’Himalaya.
Nella mezz’ora di riposo dei crostoli preparate la spuma.
Tagliate fino lo scalogno. Sciogliete la noce di burro in una padella antiaderente, soffriggete lo scalogno e aggiungete i filetti di trota salmonata già puliti, spinati e privati della pelle. Salate e aggiungete il gin. Cuocete senza coperchio finché all’olfatto non sentirete più l’odore di alcol; quindi terminate la cottura con il coperchio in modo da non far asciugare completamente.
Ponete in un frullatore il contenuto della padella e la ricotta; pepate e frullate finché non avrete ottenuto una crema omogenea. Regolate di sale. Per una crema più fine e vellutata, potete passarla attraverso un setaccio.
Servite la spuma di trota cosparsa di uova di lompo (o caviale) abbinata ai crostoli al nero.
Trucchetto delle Staffette: non spaventatevi davanti all’incombenza della frittura: potete preparare i crostoli con diverse ore di anticipo, usando l’accortezza di avvolgere subito il vassoio dove li avete posti con del cellophan da pasticcere/fioraio, e di chiudere bene in maniera che non si inumidiscano.

Marmellata di pompelmi rosa

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Per quei due o tre che ancora non lo sanno, adoro tutti gli agrumi e allo stesso tempo adoro anche le marmellate.
Tanto tempo fa, quando vivevo a Bruxelles, ne avevo assaggiata una di pompelmi rosa spettacolare, anche se il costo era veramente proibitivo, uno schiaffo alla miseria. Così mi ero ripromessa di provare prima o poi a fare questa marmellata. Con quest’idea in mente, oltre alle splendide arance bio, ho ordinato anche i pompelmi della Tenuta Bio Gambino, azienda siciliana della zona di Ribera. Se ancora non la conoscete, andate a vedere i loro prodotti, meritano!
Il problema più grosso l’ho avuto nel trovare una ricetta convincente, neanche il web è stato di grande aiuto. Per lo più ho trovato ricette in cui veniva utilizzato il Fruttapec… Niente da dire, lo uso anch’io a volte, ma volevo una marmellata con una marcia in più, degna dei miei ricordi. Così ho fatto di testa mia! La procedura è simile a quella usata per fare la marmellata di mandarini che trovate qui, quasi una gelatina con le scorzette… Divina!
L’unico accorgimento è che dovete fare molta attenzione alla densità della marmellata perché quando è calda trae in inganno, sembra sempre troppo liquida, invece…


Tempo di preparazione: un paio d’ore
Difficoltà: media

Ingredienti
  • 4 pompelmi rosa bio
  • acqua
  • zucchero
  • Gran Marnier (facoltativo)
Lavate e pesate i pompelmi, poi, con l’aiuto di un pelapatate, cercate di togliere più buccia possibile. 



Affettatela finemente e mettetela in un pentolino coperta d’acqua. Fate bollire 10 minuti, poi scolate, ricoprite nuovamente con l’acqua e fate di nuovo bollire altri 10 minuti. Ripetete questa operazione un’altra volta. Questo consentirà di togliere una parte dell’amaro.
Poi sbucciate i pompelmi, cercando di togliere tutte le bucce e i filamenti. 


Pesate tutti gli scarti e sottraete questo peso da quello lordo che avevate preso in precedenza: otterrete così il peso netto.
Mettete in una pentola sia la polpa che le bucce scolate, cuocete per un quarto d’ora a fuoco vivace e poi aggiungete lo zucchero, il cui peso sarà uguale a quello netto dei pompelmi. La polpa dei nostri pompelmi (più le bucce) era di circa 1 chilo e quindi abbiamo aggiunto 1 chilo di zucchero.
Tenete un piattino in frigo e quando pensate che la marmellata abbia la giusta densità mettetene un cucchiaino sul piattino, tenete qualche minuto in frigo e poi inclinate il piattino. Se non scorre potete invasarla calda nei vasetti sterilizzati. Chiudete con tappi nuovi.
Per dare un tocco in più, prima di invasare potete aggiungere un mezzo bicchierino di Gran Marnier.
PS: per avere una marmellata meno scura potete aggiungere il succo di mezzo limone.

L'A.T. e... le jacket potatoes con brie, prosciutto crudo e champignon

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E dopo il nostro (anche se un po’ affannoso) ritorno, torna anche l’Adventurous Taster con il suo primo esperimento del 2014.

PROLOGO
Visto che come Adventurous Taster sono nel periodo "buccioso" della mia vita, nel senso che metto tutto a cucinare con la buccia, e per poterlo fare metto perfino le mele tagliate a tocchetti nel soffritto della carbonara. Dato che ho un po' di patate provenienti dall'orto dei miei genitori ho pensato che era il caso di fare questa ricetta. Per cui sono andato a vedere se si potevano rintracciare facilmente gli ingredienti.
Le Fattorie Fiandino non le avevo mai sentite nominare per cui sul momento ho pensato fosse una cosa molto fattibile. Quando sono andato sul loro sito e ho visto che sono in Piemonte e ho letto che usano un caglio vegetale basato su una ricetta segreta a base di cardo selvatico e il modo in cui raffinano il formaggio ho pensato che in un supermercato normale non lo avrei mai trovato.
Per non andare in una formaggeria con i vetri antiproiettile, dove per entrare devi farti scansionare la retina e la carta di credito, ho optato per una versione low cost ben sapendo che il caglio amaro si presta a far "alleggerire" il formaggio e a rendere più percepibili gli aromi e che quindi non avrei mai apprezzato il piatto nella sua totalità. Fortunate le Staffette come sempre!!!
Mi sosteneva comunque il fatto che Ottavio è il nome del formaggio da guardia di TiffanyAching, (il personaggio di Terry Pratchett che amo di più), anche se non so se la coincidenza è casuale o meno. Se poi la ricetta é anche il frutto della "mente contorta di Alessia" va provata per forza perchè questo rende la cosa molto più interessante.
Per cui ho deciso di realizzare le Jacket potatoes con L’Ottavio, speck e funghi champignon.

PREPARAZIONE 
Ho sostituito l'Ottavio con del Brie, anche se credo che il taleggio sia più adatto, e lo speck con un fondino di prosciutto crudo preso in supermercato e tagliato a pezzetti sottili con i coltelli da alce. Ho seguito la ricetta utilizzando degli champignon in scatola e rosolandoli come hanno fatto le Staffette. Ho aggiunto anche un pò di cipolla e di aceto balsamico perché poi ho cotto il prosciutto crudo con i funghi.
Ho quindi massaggiato a mano le patate con l'olio e il sale come se le stessi curando per una sciatica e ho infornato. Occhio a fare e finire prima una cosa e poi l'altra se non volete ridurre la vostra cucina ad una salina.
Dopo un pò che sono in forno vi viene il dubbio amletico "Come saprò che sono pronte?"..
Ho usato allora la tecnica dello stecchino di bambù ma andare ad arpionare una patata dentro un forno altrettanto bollente senza scottarsi era come essere in una scialuppa baleniera del milleottocento a caccia di Moby Dick. Una volta visto che erano pronte perchè la buccia era croccante e forandole si liberava del vapore le ho tirate fuori dal forno....
Le ho messe in un piatto e ho piantato una forchetta per tenerle ferme e ho fatto un taglio romboidale recidendo bene la buccia con uno spilucchino, ho tolto il pezzo di patata e messo il brie (anche quello con la buccia) e il sugo sopra e ho reinfornato.
Quando sono uscite ho assaggiato la prima mettendoci sopra un pò del sugo avanzato. Ho scoperto (ERRORE ERRORE!!!!!) che la buccia di brie calda altera il gusto e che al posto dell fondino era meglio prendere un pezzo con ancora un pochino di grasso, così da far seccare meno la carne, ma il gusto risultante era buono lo stesso.
Una tirava l'altra e alla fine l'ultima lo spinta giù con le dita come se stessi caricando un archibugio con lo stoppaccione...
Messa a posto la ricetta è davvero buonissima e uno si mangia davvero tutto della patata, buccia compresa, che se sono bio come nel mio caso è un peccato buttare via qualcosa.
Dal vostro inviato dalla cucina un grande saluto

L'Adventurous Taster

Tasca di platessa ripiena su carote glassate al miele

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Buon venerdì! Che fate di bello questo weekend? Noi staremo a casa causa mal di schiena del maritozzo…
Non tutti i mali vengono per nuocere, come si suol dire, e così ci daremo alle marmellate. Prossimamente vedrete quella di limoni…
Comunque oggi vi propongo questa ricetta che ha il pregio di essere semplice, ma al contempo gustosa. Inoltre la platessa è un pesce economico… cosa volete di più?
Se invece volete prepararla per una cena più raffinata, sostituite la platessa con la sogliola.


Tempo di preparazione: 1 oretta
Difficoltà: media

Ingredienti (per persona)
  • 2 filetti di platessa (o 4 se siete molto affamati o se i filetti sono piccoli)
  • 1 cucchiaiata di gamberetti
  • 1 cucchiaiata di besciamella
  • olio
  • cognac
  • sale
per la frittura
  • 2 uova
  • pangrattato
  • curry
  • sale
  • olio di arachidi
per le carote glassate
  • 3 carote
  • 1 noce di burro
  • sale
  • pepe
  • 1 cucchiaio di miele d’arancio
Scaldate una padella con un filo d’olio, e cucinate i gamberetti sfumandoli con mezzo bicchiere di cognac.
A parte preparate una besciamella abbastanza sostenuta (50 g di burro, 500 ml di latte, 1 cucchiaio raso di farina, sale e noce moscata).
Risciacquate i filetti di platessa e asciugateli. Cospargetene uno con una cucchiaiata di besciamella, mettete al centro i gamberetti e chiudete con il secondo filetto, sigillando bene i bordi.
Sbattete le uova e salatele. Passate le tasche di platessa nell’uovo, e poi nel pangrattato addizionato di abbondante curry.
Intanto preparate il contorno. Tagliate le carote a rondelle il più possibile omogenee, e cuocetele in acqua bollente salata per 5 minuti. Scolatele e asciugatele.
In una pentola fate sciogliere una noce di burro. Aggiungete le carote, salate, pepate e infine aggiungete 1 cucchiaio di miele. Cucinate per un paio di minuti, fin tanto che le carote saranno belle glassate ma ancora consistenti.
Friggete la tasca di platessa in abbondante olio di arachidi, e servitela ben calda su un letto di carote glassate.

Aroma naturale agli agrumi

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Buona domenica a tutti!
Il nostro periodo “agrumoso” continua imperterrito. La casa è piena di arance, limoni, pompelmi e clementine, e ogni scusa è buona per fare qualche preparazione o anche per mangiarseli così.
Oltre alle varie marmellate in produzione in questi giorni (come quella di pompelmi rosa o di clementine, ma anche il lemon curd), abbiamo colto l’occasione per autoprodurre questo aroma naturale agli agrumi. Si tratta di un aroma perfetto per aromatizzare molte preparazioni in cui andrebbe usata la buccia di limone o di arancia.
Il vantaggio è quello di avere sempre disponibile l’aroma senza dover tenere a portata di mano frutta bio, così anche in piena notte potrete cimentarvi nelle vostre preparazioni più fantasiose!
Non vi preoccupate per la conservazione, dato che il tasso altissimo di zuccheri del miele non permette la proliferazione batterica, quindi vi durerà a lungo. Per quanto riguarda i quantitativi, l’aroma è molto intenso, per cui basterà aggiungere mezzo cucchiaino nelle vostre preparazione per avere un profumo incredibile.
Ovviamente questo aroma può essere preparato con le stesse modalità anche solo di limone o solo di arancia.

Tempo di preparazione: 5 minuti
Difficoltà: facilissima

Ingredienti
  • miele d’arancio q.b.
  • 1 arancia bio
  • 2 limoni bio
Lavate le arance e i limoni, e grattuggiatene la buccia finemente evitando la parte bianca che è amara. Prendete un piccolo contenitore di vetro, aggiungete le bucce grattugiate e coprite con abbondante miele.

Salame di cioccolato agli agrumi

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Buon lunedì!
Oggi vi proponiamo la ricetta del classico Salame di cioccolato. Lo spunto l’abbiamo preso dal blog Miel & Ricotta di Monique. Se ancora non lo conoscete, vi invitiamo a visitarlo: ricette belle e mai scontate, foto favolose… il tutto condito con molta ironia!
Rispetto all’originale abbiamo fatto qualche piccola, insignificante modifica.

Tempo di preparazione: 15 minuti più il tempo di riposo
Difficoltà: facile

Ingredienti
  • 150 g di biscotti secchi
  • 50 g di zucchero
  • 75 g di burro
  • 1 tuorlo d'uovo
  • 1 cucchiaio di cacao amaro
  • 1-2 cucchiai di Grand Marnier
  • aroma naturale agli agrumi homemade (oppure buccia grattugiata di arancia)
  • zucchero a velo (opzionale)
Tritate i biscotti non troppo finemente. Sciogliete parzialmente il burro, fatelo raffreddare e poi montatelo con la frusta. Mescolate il tuorlo con lo zucchero, unite il cacao, il burro, i biscotti, il liquore, le nocciole e infine una puntina di cucchiaino di aroma agli agrumi (il cui procedimento trovate qui).
Impastate bene con un cucchiaio di legno. Mettete il composto nella carta argentata e formate un salame chiudendo bene. Mettete in frigo per almeno mezza giornata.
Passato questo tempo, tagliate semplicemente a fette.
A noi è piaciuto molto come è stato presentato da Monique e abbiamo cercato di imitarla. Abbiamo legato il salame come si fa con il salume e poi l’abbiamo cosparso di zucchero a velo.
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